mercoledì 27 marzo 2013

Hate-aly

Modalità polemica "on".


Si riparte

Premetto, e concludo, Eataly non mi piace.

O meglio: non mi piace il modo in cui un concept - di per sé geniale -. ed un imprenditore, Oscar Farinetti, astuto e abile - siano diventati un baraccone che ne travisa lo spirito iniziale e tradisce le aspettative di quanti avevano posto fiducia in un progetto che vedeva il cibo - inteso come messaggero di cultura, tradizioni e territorio - occupare il posto centrale.

Non c’è niente da fare: non mi piace proprio. È una opinione, beninteso, assolutamente personale e decisamente controcorrente, ma tant’è.

Che posso farci? Farmelo piacere per forza? No di certo.

Pretendere che Eataly cambi fino a farmela piacere? E perché mai?!

Posso solo continuare a frequentarlo, perché mai nessuno è più stolto di chi non mette mai in discussione le proprie convinzioni, assaggiare, gustare e giudicare. Però giudicherò di volta in volta solo ciò che assaggerò, vino o cibo che sia. Il resto, come è ovvio, non mi interessa.

Non esprimerò giudizi, insomma, sul fatto che possa piacere o meno mangiare in un ambiente a metà tra una tavola calda ed un supermercato, perché Eataly è proprio questo; non mi interessa. 

Però della tanto discussa cacio-e-pepe da 20 euro fredda e collosa , o se le proposte dei ristorantini siano fuffa o sostanza, se l’assortimento dei reparti valga davvero la pena di essere considerato come quanto di più prossimo ad una summa dell’enogastronomia italiana, beh, di questo si che ne parlo. Eccome!

La questione è stata affrontata  anche in altre sedi, ma è opportuno riprendere il concetto.
Dietro una apparente grande varietà di prodotti in esposizione, l’offerta dei prodotti di Eataly si connota in realtà come una sorta di grande private label. C’avete presente i vari Blues di Eurospin per le bibite, o Milbona di Lidl per i latticini, o Pian del Borgo di Tuodì per i salumi? ebbene, sono tutti marchi commerciali di fantasia delle rispettive catene di distribuzione. Dietro ci sono i produttori, a volte in comune, a volte anche gli stessi dei prodotti a marchio, che li producono per conto del titolare del marchio (la catena) la quale li pubblicizza e li distribuisce nei proprio punti vendita.

Ordini per quantitativi e contrattazione spinta consentono di abbattere fortemente i prezzi garantendo livelli qualitativi comunque in linea con gli analoghi prodotti di marca.

Cosa succede invece da Eataly? Succede che la gran varietà di prodotti e marchi - molti di lunga e blasonata tradizione - inducono a pensare che veramente Eataly abbia selezionato e sia riuscita ad offrire davvero il meglio che c’e’ sulla piazza. E, inconsciamente, trovare un prodotto nell’assortimento di Eataly porta concludere che per forza di cosa sia frutto di una attenta selezione e che pertanto sia “di qualità”.

Magari lo è, ma si è implicitamente venuto a costituire un sillogismo che ruota attorno ad affermazioni che non sono per forza vere, però si spaccia lo stesso per valido e verificato il sillogismo.
tutti i prodotti in vendita sono accuratamente selezionati da eataly
eataly seleziona prodotti buoni
tutti i prodotti in vendita da eataly sono buoni
Da cui, con ragionamento induttivo, potrebbe scaturire la conclusione che se un prodotto è in vendita da Eataly, allora e’ buono. Per forza.

Di nuovo: magari è davvero buono - e molti infatti lo sono - ma non c’è nulla di logico.

È solo frutto di scelte imprenditoriali che hanno portato Farinetti ad acquisire, direttamente od indirettamente - quote significative di partecipazione in tanti piccoli produttori di cui prima era partner commerciale, ed ora è socio.
Si dirà: ma così li ha salvati dal venire stritolati dal mercato? Forse. Ma ne ha utilizzato la stessa logica e gli stessi strumenti. Più o meno.

Gli esempi?
L’acqua di Lurisia? Eataly
Quel genio di Teo Musso che aveva portato la birra artigianale del Baladin di Piozzo alla ribalta internazionale molto prima che Farinetti smettesse di vender televisori? Ora c’e’ dietro -io dentro - Eataly.
Così come per la Birra del Borgo di Borgorose (Ri). Eataly.
Così come nei formaggi dell’Alta Langa (o meglio del Caseificio dell?Alta Langa: Eataly), nei salumi, nella pasta di Gragnano e così via.

Nei vini pregiati di Borgogno, e in tanti altri vini di più ampia pubblico sempre di Langa: tutti di Eataly.

Eataly ha piantato la propria bandierina in tante realtà produttive, tante piccole perle di un universo variegato di sapori che ora però sfilano ordinatamente tutte attorno in un'unica galassia.

Un’operazione importante, capace di creare una massa critica tale da incidere in maniera incisiva sul mercato. Ma la si può considerare davvero “onesta”? A mio parere no, per quanto spiegavo prima.

Un bene, un male? Boh..si vedrà solo analizzando i singoli casi. Assaggiando. E vedendo , a distanza di tempo quanta cultura, tradizione e  territorio si sono salvaguardati..e se si è soltanto confermata la lungimiranza imprenditoriale di Farinetti nel fare business.

Intanto non posso non annotare che per le tante bandierine piantate qua e là, e che vanno a formare l’assortimento di Eataly, ci sono altrettante, se non di più, e lacune paurose. Interi areali  geografici e settori merceologici ignorati o sorvolati con gran superficialità. Si dirà, ma non si può avere tutto! è vero, ma nemmeno si può avere solo, o prevalentemente, ciò che propone, e produce,. il padrone.

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