Postacci: non sono mica i posti
a la Gambero Rozzo - quelle bettolacce in cui è il mangiar male ad
evocare emozioni - né tanto meno i posti in cima alle classifiche del
GamberoRosso (quello con la esse), dove perlopiù solo le papille di sprovveduti
gastrogonzi riescono a vibrare d’emozione.
Postacci sono quei posti in cui vai semplicemente per
mangiare, né bene né male, ma per mangiare esattamente ciò che ti vorresti trovare
nel piatto in quel preciso istante, in quel posto, in quello stato d’animo. E
te ne freghi se la tovaglia è di carta, se coltello e forchetta non
appartengono allo stesso servizio, e se perfino i commensali sono spaiati.
Postacci non è dunque un dispregiativo di posto: è un sostantivo
a sé (e, semmai dovesse servire, tenete a mente che ne esiste anche una
versione dispregiativa: postacciaccio).
La Liguria è una terra da esplorare..capace di contentare un
microcosmo in un fazzoletto di terra stretto tra mare e monti, in cui le
stagioni si susseguono al ritmo di uno sciacquone del water, in cui ogni cosa,
perfino una certa ruvidezza caratteriale delle sue genti, è indissolubilmente
legata al territorio.
Il cibo ne è la testimonianza più evidente..
L’esplorazione comincia un sabato mattina sul lungomare di Sestri
Ponente.
L’aeroporto è talmente vicino che non vale la pena di
prendere un taxi, o un bus…si va a piedi i città e poi ci si muove.
Il primo bus che passa è l’uno, che percorre da un lato
all’altra la città, da Voltri (il nuovo porto commerciale, il grande terminal
container) fino a Caricamento (il
vecchio Porto Antico).
In mezzo c’e’ di tutto: dalla città industriale che non c’e’
più (le acciaierie di
Cornigliano), alla città industriale che ha trovato nuova
vita nel moderno centro di
Fiumara, al
Matitone,
simbolo del rinnovamento
intrapreso con le Columbiadi del novanta, di immagine, funzionalità è
razionalità.
E infine Genova.
La città, per me, inizia con il sestiere (sestiere - e non quartiere - perché nel centro storico
di Genova sono appunto in numero di sei) di Prè.
Una scintillante panetteria, pasticceria è il luogo ideale
per una chiassosa colazione: cappuccino e focaccia.L’accostamento, sorprendente, si rivela molto più familiare
del classico accostamento del cappuccino con il croissant.
Vicoli degradati e sontuosi palazzi secenteschi si alternano
in una ordinata confusione, bagasce e
mercanti, la ricchezza di stucchi e specchi Art Déco di alcuni bar e lo
squallore di altri locali.
Ma tutto ha un fascino, un profumo, una ragion d’essere.
Come il mercato orientale, così chiamato perche sorge nella
parte orientale della città, verso brignole.
Verdure, pesce, carni..un classico mercato annonario, a
colori.
Ora di pranzo.
La meta è fissata, ed è il postaccio di oggi:
Trattoria Da Maria,
a due passi da Piazza De Ferrari e dal Teatro Carlo Felice.
Un vicoletto cela l’ingresso di questo locale che è una vera
e propria istituzione per i genovesi.
Semplicità del posto - decoroso ma senza fronzoli - e genuinità
della cucina - la creatività e le variazioni qui non sono ammesse: tutto è
fatto alla maniera classica - sono le carte vincenti di questo locale che,
anche adesso che Maria non c’è più, tiene fede alla tradizione.
Clienti fissi e, pochi, forestieri di passaggio si accalcano
su lunghe tavolate, chi chiacchierando, chi rimuginando in silenzio.Nicoletta, maître di sala, ha il suo bel da fare.
Al piano terra un paio di stanze e la cucina in vista; una ripida
scala, anch’essa a vista, conduce al piano superiore dove con altrettanti locali, di solito un po’ meno affollati, si
riesce sempre a trovare posto, senza lunghe attese.
In ogni caso , qui, l’orario del pranzo è massimo a mezzogiorno:
oltre tale ora, la lista dei piatti si accorcia sempre di più.
La lista, a proposito, è costituita da tante targhette che vengono
appese con piccoli ganci sulle pareti; mano a mano che una determinata pietanza
finisce, viene tolta la relativa targhetta.
C’e’ poi la carta, il menù, dove ogni piatto è accompagnato
non tanto dalla sua descrizione, quanto da un appellativo qualificativo.
Ecco dunque che il minestrone alla genovese sarà indicato come
minestrone “buonissimo”; lo stesso dicasi del polpettone: basta sapere che è “buonissimo”,
cosa ci sia dentro è secondario.
il dolce della casa è semplicemente “delizioso”, di nome e
di fatto.
Commensali vanno e vengono con gran velocità: ho quasi finito
di mangiare il mio minestrone (a proposito: buonissimo!) che mi si siedono
davanti
Bob e
Roberta.
La conversazione prende subito piede: Bob è
Roberto - Bob -Quadrelli, una leggenda della scena
indie Genovese. Un Premio Tenco alle
spalle, una lunga carriera che spazia tra il
punk e l’
ento-folk, una misteriosa
malattia che lo mina nel fisico ma non nell’animo.
Roberta è
Roberta Barabino, raffinata ed elegante
cantautrice genovese: un LP (Magot), delizioso e suadente, da poco uscito.
Il secondo ci penseranno loro a ordinarmelo:
acciughe
ripiene, un bontà.
Sulle pareti, non foto di vip tristi testimonial al locale, ma una serie di testimonianze, aneddoti, mattestati di riconoscenza, lasciati da chi nel corso degli anni
ha eletto
Da Maria come una propria seconda casa.
Undici Euro e 50 per un menù completo, comprensivo di vino e
dolce.
Il caffè non me lo sono scordato di prendere: a Piazzale
Corvetto, percorrendo poche centinaia di metri della sciccosissima Via Roma, c’è
lo storico
Bar Pasticceria e Confetteria Mangini, un localedi gran classe.