Sono passati 10 anni da quando ho lasciato le Langhe
Vivevo in un paesino sul fondovalle del Tanaro, la dove
finiva la pianura ed iniziavano i bricchi marnosi.
In dieci anni la Langa, quella della contadina, ha fatto
passi da gigante; l’enogastronomia ha fatto il salto: prodotti di nicchia ora
sono diventati brani nazionali per non dire mondiali.
Non c’è più solo tartufo, nutella e vini barbero: ora c’è
davvero di tutto e ai massimi livelli.
E’ il giusto riconoscimento per una terra difficile ma generosa:
carni, formaggi, salumi si aggiungono agli altri prodotti di qualità protetti
in ambito nazionale ed internazionale.
L’ultima spesa che ho fatto da Eataly mi ha permesso di
mettere insieme un po’ di sapori che da tempo mi mancavano.
La carne: quel fassone di razza piemontese che frollato al punto
di langa offre tagli di una morbidezza senza fine.
Il formaggio: una tuma o robiola dlel’alta langa. Mista
ovino-vaccino, giustamente grassa e sapida, con tutti sentori erbacei dei fieni
utilizzati.
Il vino: stavolta non un dolcetto qualsiasi, ma una rivisitazione
in chiave moderna frutto del sapiente assemblaggio di dolcetto pinot nero e
merlot.
risultato: amarcord allo stato puro. Con qualche puntualizzazione
da fare.
Partiamo dal vino. San Romano “era” il dolcetto. Caposcuola della
rinascita di questo vigneto difficile che era riuscito a creare quel piccolo
capolavoro che era il Bricco del Pilone, e aveva fatto da traino ad una piccola
truppa di produttori che partivano da Dogliani e Farigliano per riscuotere successi
sulle guide e sulle tavole di mezza Italia: Pecchenino, Abbona, Bocca, Einaudi.
Poi qualcosa si è infranto: se da una parte si riusciva a
valorizzare l’eccellenza dei terroir con una nuova ed esclusiva doc (Dogliani superiore
docg), dall’altra si puntava ad ampliare la base ampelografia, gli areali di
produzione, le rese e semplificando il quadro delle denominazioni esistenti, come
se le troppe denominazioni che ruotavano attorno al dolcetto nuocessero alla
sua riuscita commerciale.
E sono cominciati a venir fuori strani ibridi
Non stiamo parlando di aggiungere quel 5-10% di barbera per
affilare un dolcetto magari troppo poco acido e dai tannini troppo morbidi.
Il “3 vini” di San Romano è un assemblaggio di Dolcetto, Merlot
e Pinot nero che non ha proprio senso: non siamo né a Bolgheri né a Barbaresco.
Il dolcetto non ha la struttura che serve per reggere così sofisticati equilibri.
Il naso è buono - Beppe Caviola, il winemaker, si sente - e
non ci sono difetti apprezzabili in bocca. Le note fruttare e floreali ci sono
tutte, così come i giusti sentori speziati e mandorlati. Però si sente che la
struttura debole non consente l’affinamento atteso: persistenza scarsa e
retrogusto sbiadito.
Passiamo al formaggio.
Le pecore dell’alta langa sono di una razza particolare;
pochissimi esemplari ed una lotta continua per salvarla dall’oblio.
L’unica salvezza viene proprio dalla produzione dei
formaggi, ed in particolare da quel Murazzano Dop che è la più piccola delle
denominazioni piemontesi.
Eppure ciò non basta: qualche investimento sbagliato (il caseificio
di riferimento che viene messo in liquidazione ed è fermo da anni) insieme alle
difficoltà a competere sul mercato ed ecco che i soci del Consorzio di Tutela del
Murazzano Dop ne si possono contare sulel dita di una mano.
Molti hanno lasciato perdere e si son messi a produrre tome
secondo la tradizione delle Langhe ma al di fuori della denominazione di
origine.
Stesso discorso che avevamo fatto per il vino.
Laddove si riesce a creare le condizioni per mettere in
piedi e tutelare un prodotto di eccellenza, si ripiega tosto su produzioni
simili, ma che non necessitano di seguire rigidi disciplinari di produzione.
Colpa dei disciplinari o stringenti o ignavia dei
produttori? Boh..però è sempre facile tirarsi indietro quando c’è da rispettare
regole e regolamenti.
La mancanza della denominazione di origine, sulle tome del Caseificio
dell’alta Langa, è sopperita, a livello commerciale, dalla grande forza propulsiva
che deriva loro dall’essere parte di quel colosso che è Eataly.
Sì, ma all’atto pratico? certamente il prodotto è buono, ci
mancherebbe” con quello che costa.., ma manca quel qualcosa che rendeva unico
il Murazzano.
Qui ogni forma è uguale all’altra, tutti i giorni dell’anno.
Il Murazzano Dop aveva invece la capacità di evocare i
profumi e i sentori dei pascoli dove si produceva il latte, diversi di giorno
in giorno e di toma in toma.
Suggestioni o realtà? certo la magia dei sapori è fatta
anche di immaginazione.
Finiamo con la carne. Nient’atro da dire: F.A.V.O.L.O.S.A.
!!
E l’abbinamento? uno spicchio di tuma + una tagliata al
sangue + un bicchiere di vino dolcetto? Indovinato.